La città di Reggio Emilia è molto orgogliosa dei suoi illustri cittadini che, per una ragione o per l’altra, hanno apportato importanti contributi in diversi campi: arti visive, musica, arti dello spettacolo, scienza e letteratura. La storia e il lascito di ciascuno di loro dice molto sulla cultura e l’essenza dei reggiani, evolutesi dal Medioevo attraverso il Rinascimento e fino al Risorgimento, ma ancora vive e presenti in ciascuno di noi.

Dal Rinascimento ai giorni nostri, Reggio Emilia è stata il luogo natale di importanti artisti che avevano in comune tra loro una singolare originalità e un approccio di stile innovativo per quei tempi.

Antonio Allegri, conosciuto come il Correggio dal nome del suo paese natale, fu uno dei principali protagonisti delle arti visive del XVI secolo in Italia e fu sicuramente l’artista più rivoluzionario a portare gli ideali rinascimentali in Pianura Padana.

La sua arte mostra un modo di dipingere fluido, luminoso e aggraziato, ispirando sempre, con il suo stile assolutamente personale, un coinvolgimento emotivo.

Allontanandosi dagli sgargianti colori veneziani e dal manierismo romano, l’artista si concentra su linee eleganti e prospettive audaci, diventando il precursore della pittura illusionistica del soffitto.

Sfortunatamente quasi tutte le opere del Correggio furono portate via da Reggio Emilia dai Duchi di Modena e la collezione dei Principi di Correggio fu dispersa, ma la città non dimentica questo suo illustre cittadino: una copia di una delle sue pitture più famose, la “Natività” (conosciuta anche come la “Notte Santa”), si trova infatti esattamente dove sarebbe dovuta essere, ovvero nella quinta cappella a destra all’interno della Basilica di San Prospero. Questa opera d’arte era così famosa che artisti come El Greco e Rubens visitarono la città con lo scopo specifico di ammirarla, mentre Velázquez intercedette per l’acquisto (fallito) del dipinto a nome del Re di Spagna!

Ad ogni modo, è ancora possibile ammirare opere originali di Antonio Allegri nel museo a lui dedicato a Correggio, il suo paese natale, dove è altresì possibile trovare il Correggio Art Home, un centro di ricerca e documentazione dotato di una “Sala Experience” e dedicato alla vita e ai lavori di Antonio Allegri.

Lelio Orsi, nato a Novellara all’inizio del XVI secolo, non fu solamente uno dei maggiori pittori del manierismo, ma aveva molto talento anche per il disegno ed era, inoltre, un architetto.

Era il pittore della famiglia Gonzaga e si era formato artisticamente tra Mantova, dove quasi sicuramente vide le opere di Mantegna e Giulio Romano, e l’Emilia, in quanto le sue opere furono influenzate anche dal Correggio e dal Parmigianino.

Nel suo paese natale lavorò presso tutti i siti di costruzione della famiglia Gonzaga, sia in veste di architetto che in veste di pittore.

Il suo stile manierista era molto personale e straordinariamente visionario; inoltre, seguendo l’esempio di Mantegna e del Correggio, riuscì a creare incredibili effetti di prospettiva.

Nel Museo Gonzaga di Novellara, ospitato all’interno della Rocca di Novellara, sono custodite molte opere d’arte murali, come i fregi e gli affreschi rimossi nel XIX secolo dal Casino di Sopra, e una bellissima e delicata “Annunciazione” ad opera di Lelio Orsi. Il secondo piano e la loggia di questo edificio furono progettati dall’artista stesso!

Le opere di Lelio Orsi sono oggi disseminate in tutti i musei del mondo e sia Novellara che Reggio Emilia portano le tracce della sua magnifica arte.

Gaspare Vigarani fu un famoso architetto e scenografo della fine del XVII secolo.

La sua carriera lo portò a Modena, nominato sovrintendente dei cantieri ducali da Francesco I d’Este, e addirittura alla corte di Luigi XIV in Francia.

Quando si parla di “scenografia” in quell’epoca in realtà ci si riferisce all’ingegneria per l’invenzione delle macchine teatrali che servivano a sorprendere ed ammaliare il pubblico durante le rappresentazioni (principalmente liturgiche).

Vigarani infatti era un maestro in questo e il suo gusto per creare stupore e sorpresa si riflette anche nel suo stile architettonico, barocco in tutto e per tutto. La Chiesa dei Santi Girolamo e Vitale a Reggio Emilia ne è uno splendido esempio, un labirinto di corridoi e scale che collegano tre diversi spazi: due chiese, una a pianta rettangolare e l’altra circolare, sono collegate alla cripta, dove troviamo la ricostruzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Come se questo non bastasse, per aumentare la meraviglia, il 14 settembre (giorno dell’Esaltazione della Santa Croce) verso le 8 del mattino un fascio di luce colpisce una formella in cotto con Cristo in Croce e la statua di San Taddeo si illumina in modo molto particolare.

Antonio-Ligabue-con-un-suo-autoritratto

La vita di Antonio Ligabue fu un’incredibile odissea, degna del più grande esponente del Primitivismo e del movimento Naïf in Italia.

Nato a Zurigo da una donna immigrata dal Veneto, venne riconosciuto dal patrigno Bonfiglio Laccabue e divenne cittadino di Gualtieri, dove venne portato con la forza nel 1919 all’età di soli 18 anni.

Una volta lì decise di cambiare il proprio nome in “Ligabue”, ma non parlava italiano ed era sempre completamente solo. Pertanto viveva lungo le sponde del Fiume Po, dormendo nei fienili e mangiando grazie all’occasionale carità delle persone.

Veniva chiamato Al Mat (il matto) e Al Tedesch (il tedesco), ed era un uomo strano e solitario con una grande passione per i colori e il disegno, che ripagava le persone che offrivano lui cibo con sgargianti dipinti di belve feroci, panorami impossibili e allucinati autoritratti.

Il mondo del circo lo affascinava e frequentava carovane e artisti circensi dipingendo cartelli per i loro spettacoli.

Entrando e uscendo dall’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia venne poi “salvato” dallo scultore Marino Mazzacurati, il quale comprese la sua arte e fece sì che il mondo cominciasse ad apprezzarla.

Oggi, le opere d’arte di Antonio Ligabue sono pienamente riconosciute dalla comunità artistica e molto amate dal pubblico.

Il Museo Ligabue a Gualtieri, ospitato all’interno di una delle case dove il pittore visse e lavorò, vi darà la possibilità di ammirare la sua sgargiante arte: qui è custodita una bellissima collezione di suoi oggetti personali, opere originali, copie e filmati. La collezione del museo è esposta con didascalie in italiano e in inglese.

Claudio Parmiggiani, nato a Luzzara, lavora ancora in veste di uno dei più importanti artisti italiani.

Mai schieratosi con l’uno o l’altro movimento, si è sempre rifiutato di partecipare al chiassoso dibattito sulle arti contemporanee scegliendo, per esprimersi, il silenzio e la parola scritta, la poesia e il concetto.

Questo è molto evidente in alcune delle sue opere d’arte più famose: le “Delocazioni”, opere d’arte create con fumo, polvere e vento, lasciando una traccia sul muro di ciò che c’era prima (una grande libreria, bottiglie, farfalle…) e mostrando solamente l’assenza dell’oggetto.

L’arte e la persona di Claudio Parmiggiani non possono essere collocate in una definizione rigida, in quanto il suo lavoro è del tutto personale.

Inoltre, l’interesse dell’artista per il suo luogo natale è molto evidente: nel 1973 collaborò con Luigi Ghirri, uno dei più importanti fotografi italiani, anche lui nato a Reggio Emilia, ritraendo per l’opera “Alfabeto” diversi oggetti presi dal Museo di Storia Naturale “Lazzaro Spallanzani” di Reggio Emilia.

Negli anni 2000 Parmiggiani diede vita anche a un bellissimo progetto per la città di Reggio: con “Invito a… Luciano Fabro, Sol LeWitt, Eliseo Mattiacci, Robert Morris” donò alla città quattro maestose opere d’arte contemporanea progettate da artisti di fama mondiale appositamente per i luoghi della città nei quali sono esposte in modo permanente.